GUERRA & PACE: il posto della finanza

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GUERRA & PACE: il posto della finanza

Se è giusto dire che “se vuoi la pace, occorre preparare istituzioni di pace” è vero anche che se vuoi fare investimenti finanziari efficaci, occorre investire su prodotti finanziari che promuovono la pace. La guerra porta profitti solo a pochi e danno alla economia globale.

Nel 2024, la spesa militare globale è aumentata del 9,4% rispetto all’ anno precedente, raggiungendo il massimo storico di 2,4 trilioni di dollari, come certifica il Rapporto dell’International Peace Research Institute (Sipri) 2024, viene spontaneo farsi qualche domanda su chi ci stia davvero guadagnando e su chi ci stia perdendo.

«Senza pace, l’umanità non può prosperare, né può farlo - ha affermato recentemente Fabio Panetta, il Governatore della Banca d’Italia - l’economia

Nei Paesi coinvolti in un conflitto, la guerra danneggia gravemente i fattori essenziali per la crescita: distrugge il capitale produttivo, come infrastrutture, macchinari e materie prime, e causa vittime soprattutto tra le nuove generazioni, limitando le opportunità di apprendimento e la formazione di una forza lavoro qualificata. Ciò riduce la disponibilità e la qualità del “capitale umano»[1].

Secondo il rapporto Mediterranean Economies 2023, elaborato da Cnr-Ismed, la guerra in Ucraina ha provocato un forte aumento dei costi energetici e ha fatto infiammare inflazione e tassi di interessi. Tra il 2021 e il 2022 l’inflazione nei Paesi Euro Mediterranei è cresciuta, in media, dall’1,68% al 7,9%

L’aumento dei prezzi che si è fatto sentire in maniera molto forte nelle vite dei cittadini, ha effettivamente ridotto il loro potere d’acquisto e ha frenato ancora di più il rimbalzo dell’economia dopo la già grande crisi pandemica del 2020. 

«Chi vuole andare avanti con la guerra - riflette l’economista di fama internazionale Stefano Zamagni - , lo fa perché sa che la guerra rende profitti a chi produce armi. 

Dal 2010 il settore delle armi è stato privatizzato e non è più sotto il controllo degli Stati. Le imprese quotate in Borsa premono sui rispettivi Governi, come si è visto. Per questo, è necessario introdurre tasse sui sovraprofitti di queste aziende»[2].

Non è possibile eliminare la guerra senza distruggere la cultura bellica che ne è fondamento.

È urgente, insiste il prof. Zamagni, «muovere passi veloci verso un nuovo pacifismo istituzionale, il cui slogan è: se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace». 
«Cerchiamo un'economia umana, giusta, pacifica, produttiva e sostenibile, - incalza Leonardo Becchetti, economista ordinario di Economia politica - basata su un approccio di sviluppo sostenibile che aiuti l'umanità a costruire il futuro di cui ha bisogno»[3].

La pace non è solo l’assenza di conflitti, sottolinea il Governatore della Banca d’Italia, ma «la creazione di condizioni che consentano a ogni individuo di vivere una vita dignitosa, libera dalla paura e dalla povertà. 

Una prosperità che non genera benessere diffuso è una prosperità effimera, che rischia di generare conflitti e instabilità.

Come disse Papa Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio, ricorda ancora Il Governatore Panetta, «… lo sviluppo è il nuovo nome della pace». Oggi queste parole ci ricordano l’urgenza di lavorare per un futuro di prosperità più giusto e pacifico».

  • Tu come consideri il rapporto guerra e finanza? 

  • Secondo te come si potrebbe contribuire a costruire la pace sfruttando le potenzialità del mondo finanziario?

 

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